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E dunque, possiamo finalmente tirare le somme: il nostro nuovo lavoro è “Jamais vu” e debutterà in anteprima nazionale all’E45 Napoli Fringe Festival: 8 e 9 giugno, ore 23,00, a Castel Sant’Elmo, Napoli. Drammaturgia e regia sono a cura di Eduardo Di Pietro, in scena ci saranno Mario Autore, Giulia Esposito, Michele Iazzetta, Cecilia Lupoli, Giulia Musciacco e Alessandro Paschitto. Le scene sono di Marco Perrella mentre i costumi sono firmati da Monica Favella. Le elaborazioni musicali sono di Mario Autore, le foto di scena di Tiziana Mastropasqua e Fabrizio Cavaliere è stato assistente alla regia.

Questo, a grandi linee, il filo del discorso: un gruppo di terroristi si riunisce poche ore dopo una rapina alla Banca Nazionale, il cuore di quel sistema economico e sociale al quale si dicono di attentare. Ma un incidente ha rovinato l’azione e ora ciascuno dei criminali denuncia una parziale amnesia: tutti hanno perduto frammenti di memoria e, soprattutto, nessuno rammenta dove siano i soldi della refurtiva. Una ricercatrice in rovina, un imprenditore fallito, un ex operaio e sua moglie, sono questi gli anarchici autori del gesto, paradossalmente innocenti di fronte all’imprevisto, vittime del caso. O forse di fatto carnefici, traditori a sostegno della dittatura più pesante da rovesciare: quella del denaro.
Di seguito, le note di regia:

Lo spettacolo è comico. Fa ridere. Questa premessa è necessaria per lo spettatore che si arrischierà a leggere il seguito.
La drammaturgia di “Jamais vu” è rimasta covata per diversi anni: l’idea di base prende le mosse da quella cronaca che costituiva l’attualità, nel periodo successivo all’appena rivelata crisi economica. L’evento convenzionalmente individuato nel 2008, protraendosi nostro malgrado, ha di fatto declinato in maniere infinite – eppure consimili – il disagio stagnante e teso nella società occidentale. Ha funzionato da cartina al tornasole per evidenziare rapporti di potere e dinamiche relazionali già ampiamente in atto ma infine esasperate, a denuncia di una crisi anzitutto antropologica. Abissali e frustranti, nel paese le disparità portano tuttora strascichi di emarginazione, suicidi, ingiustizie. Un dramma sociale talmente profondo e articolato, da risultare insondabile alla sola immaginazione, quando ci pare di intuirne sapore o portata in occasioni ben circoscritte. Tali occasioni sono il segnale di un privilegio, s’intende: quello del non esser stati abbattuti trasversalmente, quali vittime lievi di quei drammi stessi.
Partendo da tutto ciò, “Jamais vu” si svolge attraverso due riflessioni: la prima intorno alla memoria di ciascun individuo in quanto membro di una collettività, con la successione dei tre momenti che organizzano la messinscena – Amnesia, Ricordo e Memoria. Pur nella consapevolezza di un’iniquità vertiginosa e della sofferenza sociale diffusa, vivere e perseguire la serenità personale richiede in ciascuno il voltare lo sguardo, la necessità di dimenticare per periodi più o meno durevoli l’Altro, le altrui condizioni. Che questa dimenticanza sia soppiantata dall’ignoranza o che sia mascherata da presunta impossibilità d’azione, noncuranza o qualsivoglia ordine di priorità – “tengo famiglia”, – qui poco importa. Le categorie di personaggi coinvolti nella messinscena, abbracciano degli ideali di cambiamento sociale, reduci dalla violenza della miseria. Ma ben presto quegli ideali sono persi di vista, a testimonianza forse di un abbandono indispensabile, del bisogno di rinnovamento nel pensare la vita in comune. In un contesto nazionale ove si ripropone costantemente il problema della Memoria – e diverse realtà lavorano in favore di tale sensibilità, – lo spettacolo vuole altresì tentare una provocazione circa la nostra capacità di comprendere la storia e quindi noi stessi, di elaborare l’annosa questione dell’apprendimento dall’esperienza in comune.
La seconda riflessione, la più impegnativa e vaga, riguarda la realizzazione individuale di ciascuno, la possibilità in tal senso di scegliere. Viviamo un mondo che in maniera sempre più spietata preserva il potere, sacralizza il consumo, privilegia la produttività. Da una parte l’esistenza si allunga, dall’altra si nega il tempo per vivere – termine coincidente, di fatti, con “lavorare” – fonte di ansie, di repressione. Diritti acquisiti con il sacrificio, vengono rinnegati. Quanto siamo consapevoli oggi dell’importanza sociale delle istanze di trasformazione, delle spinte antisistema? E quanto questi orientamenti difettano ormai di un’organizzazione di pensiero organica e focalizzata? In altre parole, abbiamo provato a chiederci “quando è diventata infelice la vita” e cosa siamo in grado di fare ancora per dirci degni di avere vissuto.
Auspichiamo che, con violenza inusuale, la domanda possa balzare in platea. Poiché la risposta, sia chiaro, non cadrà dalla scena.

È possibile acquistare i biglietti presso il Teatro Mercadante, piazza Municipio, Napoli (dal lunedì al sabato, ore 10.00 – 18.00, la domenica ore 10.00 – 14.00), tel: 3443833491; il Nuovo Teatro Sancarluccio, via S.Pasquale a Chiaia 49, Napoli, (dal lunedì al sabato, ore 10.00 – 18.00), tel: 0817944626; presso tutti i punti vendita azzurroservice (la cui lista è consultabile qui) e presso tutti gli spazi in cui si tengono manifestazioni del Napoli Teatro Festival Italia.
È anche possibile l’acquisto online con varie modalità di ritiro e stampa del biglietto, su www.napoliteatrofestival.it e su www.azzurroservice.net.
Infine è fruibile l’acquisto telefonico tramite operatore, chiamando i numeri 0810322362 oppure 0815934001.

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